Il pianeta irritabile

Il pianeta irritabile

19 Settembre 2022

Paolo Volponi, 1978

«Tu non sei un uomo, né vero né finto;
sei solo l’uomo alla fine dell’uomo.
L’uomo che ha snaturato e lasciato l’uomo, sei tu.
Quindi sei uno stronzo, solo uno stronzo

Distopico. Post-atomico. Post-tecnocratico. Psichedelico.

Un nano (il ricordo), un elefante (la cultura), un’oca (l’esplorazione) e una scimmia (l’audacia).
Sono i quattro prigionieri di un circo in dismissione che sopravvivono a un’esplosione planetaria e che, osservando una gerarchia degna dei più grandi dittatori, viaggiano alla ricerca di un ambiente vergine dove poter ricostruire un mondo governato dal nuovo despota, la scimmia. L’itinerario violento, sporco, distruttivo evolve in un senso animalesco, ma per nulla animistico; piuttosto, contaminato da ciò che resta di un mondo distrutto dall’antropocene.
Se c’è un’anima in questa storia, è la coscienza ambientale sopravvissuta all’incubo: l’imitatore di uccelli. Esiste nei racconti, negli incontri mancati, sognati o disattesi. Quest’anima viaggia sola e isolata. Difende la natura proteggendo i 4 viaggiatori e annulla ogni tentativo di dominio da parte degli ultimi uomini rimasti.

E l’uomo? Sullo sfondo. Un superstite, un nemico. È la causa. È lo sconfitto.

Sull’autore

Il capitalismo ha avuto vari collassi, varie crisi, perché è così: ingordo, avido, mangia troppo, molto più di quello che può digerire. E poi sta male e, naturalmente, fa pagare agli altri, sempre, le sue sofferenze.

Nonostante, ad oggi, resti il solo scrittore ad aver vinto due volte il premio Strega (La macchina mondiale, 1965 e La strada per Roma, 1991), Paolo Volponi è inspiegabilmente un personaggio di secondo piano nella letteratura italiana, di cui si fatica a trovare anche diversi romanzi considerati cruciali per la comprensione della sua narrativa.
Inizialmente poeta, arriva al romanzo a quarant’anni, sotto lo stimolo dell’amico Pierpaolo Pasolini che lo ospita nella rivista Officina.
Tema centrale della sua scrittura è l’alienazione dell’uomo nella società industriale, analizzata nelle diverse opere sia dal punto di vista dell’operaio (Memoriale, 1962), che del manager (Le mosche del capitale, 1989).
In una società fisicamente e mentalmente logorata dal mondo delle macchine, che procede verso un modello di mercificazione assoluta, i protagonisti dei suoi romanzi lottano per proporre degli scenari alternativi, a tratti con tentativi utopistici, ma sempre convinti delle loro battaglie.
La sua sperimentazione si riflette nella varietà della scrittura e nell’ originalità delle scelte linguistiche che, seppure vicine alle neoavanguardie, non sono mai banali né manieristiche.
Dal 1956 al 1971 ricopre il ruolo di capo del personale e responsabile relazioni esterne presso la Olivetti, in un momento in cui la fabbrica, sotto la direzione di Adriano Olivetti, rappresenta un esempio all’avanguardia, sia in tema di produzione che di welfare e modello di sviluppo.
Nel giugno del 1975 abbandona un incarico presso la fondazione Agnelli per l’iscrizione al Partito Comunista Italiano, per il quale diventa senatore nel 1983. I suoi discorsi parlamentari sul mondo del lavoro, della scuola, sulla disoccupazione giovanile e contro la guerra del Golfo sono splendidi esempi di passione civile e perizia argomentativa, pubblicati nel volume Parlamenti (ed. Ediesse).

Per saperne di più:

podcast Wikiradio: “Paolo Volponi alla Olivetti” di Massimo Raffaeli

Analisi dell’autore e delle opere: “Volponi” di Emanuele Zinato

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