Orti condivisi, piste ciclabili e bricoteche: benvenuti nella città “sobria”

Orti condivisi, piste ciclabili e bricoteche: benvenuti nella città “sobria”

4 Febbraio 2022

Credits: Corrado Fierro ©️ www.corradofierro.it

E se invece di rendere più efficienti i consumi, li riducessimo?
Ecco come sarebbero le nostre città e le nostre vite, secondo il modello di sobrietà energetica.

Immaginiamo di svegliarci nella città del futuro. Un ragazzo si avvia al lavoro con la sua bici, saluta il collega in attesa del carpooling. Qualcuno preferisce lavorare da casa, altri sono già sui mezzi pubblici. Niente traffico, clacson, auto che corrono o lunghe code ai semafori. Viviamo in “città di prossimità” dove negozi, strutture sanitarie e luoghi culturali sono più vicini alle abitazioni. Gli uffici vuoti sono diventati asili pubblici e aree di coworking e le strutture abbandonate sono destinate ad alloggi condivisi. Le strade collegano giardini commestibili, orti urbani e CSA, dove i cittadini trascorrono il loro tempo libero.
La collettivizzazione di spazi, mezzi e strumenti in questo futuro è la normalità.
Ci alimentiamo meglio e sprechiamo meno. Abbiamo imparato la cucina del riuso, le tecniche di cottura a basso impatto e facciamo merenda con la frutta dei nostri viali alberati.
Da quando l’orario di lavoro è stato ridotto, c’è più tempo da dedicare alle attività sportive, alla cultura e agli hobby. Concerti, festival e mostre valorizzano gli artisti locali e ad ogni angolo ci sono laboratori, orti urbani, officine sociali e sartorie collettive dove impariamo a riparare, costruire e dare nuova vita a vecchi oggetti, condividendo utensili, materiali e idee.
E i viaggi? Il traffico aereo, molto inquinante, si è ridotto notevolmente ma nessuno se ne lamenta. Abbiamo più tempo per goderci le vacanze e raggiungere le nostre destinazioni in treno, oppure in bicicletta.
Potrebbero sembrare le pagine di un romanzo di Isaac Asimov, eppure questi scenari sono prototipi di città disegnate da associazioni internazionali sull’idea di “sobrietà energetica”.

Secondo i sostenitori di questo principio, affinché la società diventi più sostenibile è necessario un cambio di paradigma nelle abitudini, destinato non solo all’efficientamento nell’uso delle risorse, ma anche e soprattutto alla riduzione complessiva dei consumi.

Un esempio di “strada sobria”. Fonte:  Parisien libéré

I programmi di transizione ecologica proposti affidano spesso un ruolo chiave all’efficienza energetica, sottovalutando l’uso che viene fatto delle risorse, siano esse fossili, nucleari o rinnovabili.

Spesso, però, un uso più efficiente non genera un risparmio energetico, ma un aumento di produzione, causando quello che nell’economia dell’ambiente viene definito “effetto rimbalzo”.

Da qui la necessità di mettere in discussione il modello di consumo, riducendo la domanda di prodotti ed i relativi fabbisogni energetici delle città.

I modelli di sviluppo su cui si fonda la nostra società presuppongono una disponibilità permanente ed illimitata di risorse. Sebbene questa convinzione sia ormai riconosciuta come erronea, persiste nell’alimentare la correlazione indissolubile tra benessere, consumo e profitto.

Questo genera conseguenze negative sull’ambiente e sulle persone, causando patologie quali depressioni, burnout, malattie provocate dall’inquinamento e, tra i più giovani, nuove forme di disturbi definiti ecoansia e solastalsgia.
Nei nuovi scenari società basata sui principi di sobrietà energetica, al contrario, le persone avrebbero più tempo da dedicare alla realizzazione personale e al rafforzamento dei legami sociali, con effetti positivi sulla salute fisica, mentale e sull’ambiente.
Secondo le stime dell’ associazioni Négawatt e Virage Énergie, la riorganizzazione delle città sui principi di sobrietà ridurrebbe il consumo dal 28% al 73% entro il 2050, mentre Anne Bringault, del Climate Action Network, stima che la sobrietà potrebbe creare nuovi posti di lavoro, valorizzando le produzioni locali e favorendo lo sviluppo di modelli economici alternativi, come l’economia funzionale, in sostituzione di quelli che promuovono l’obsolescenza.
Possono sembrare utopistici, eppure questi prototipi di città non sono altro che una raccolta e sistematizzazione di buone pratiche ed organizzazioni messe in atto da tempo.
Le forme di collettivizzazione più diffuse sono quelle in ambito agricolo, abitativo o di trasporto, ma in molte città europee ed italiane esistono anche le bricoteche, officine condivise dove costruire e riparare, i cafè couture, ovvero sartorie collettive, e le risorserie, luoghi in cui vengono raccolti, recuperati e rivenduti oggetti e materiali di cui i proprietari non hanno più bisogno.

Ciò che manca per poter avviare la transizione delle nostre città verso la sobrietà energetica, dunque, è un disegno globale, che miri all’integrazione di queste buone pratiche ad un livello di gestione istituzionale.

Numerosi accademici e associazioni si stanno interrogando sulle misure normative che le istituzioni pubbliche potrebbero mettere in atto. “Manca l’equivalente di un codice della strada per il nostro impatto energetico ed ecologico”, afferma l’ingegnere Thierry Salomon, di Negawatt. Pagando è possibile accedere ad un uso illimitato dell’energia, a livelli anche criminosi.

Dobbiamo cambiare il paradigma, nel quadro più consensuale possibile e non considerare più che l’abbondanza è la regola.

Ciò implicherebbe l’introduzione di tassazioni e divieti di tutto ciò che viene considerato “spreco”. Nella sua relazione dedicata alla sobrietà, l’ESS Lab ha stilato un inventario delle misure che consentono di migliorare la distribuzione delle risorse naturali ed energetiche. Una di queste è l’introduzione di una tariffazione progressiva del consumo energetico. Questo principio è già stato implementato in Giappone, dove il prezzo dell’elettricità aumenta del 35% quando il consumo mensile supera i 300 kWh. Come risultato, non solo i consumi di energia sono diminuiti a livello globale, ma si è ridotta anche la povertà energetica: il costo delle bollette dei piccoli consumatori è sceso del 17%, mentre quello dei grandi consumatori è aumentato del 15%.

“Viviamo accettando molti divieti. È giunto il momento di accettare anche i divieti energetici”.

Vocabolario sobrio:

cITTà DI PROSSIMITA
orti urbani
csa – community supported agricolture
CUCINA SOSTENIBILE
BRICOTECHE
risorserie
café couture

Città di prossimità:

Conosciuta anche come “città del 15 minuti” è un modello di città concepito dall’urbanista e accademico Carlos Moreno e inserita nei programmi elettorali di sviluppo di molte città. Tra i tanti articoli e le informazioni reperibili, segnaliamo:
-L’articolo di eHabitat: “Città dei 15 minuti, un modello urbano sostenibile basato sulla prossimità”
– Il libro di Ezio Manzini “Abitare la prossimità” ed. Egea

Cucina del riuso e cottura a basso impatto:

Anche su questo tema gli spunti a disposizione sono numerosi.
Segnaliamo il blog di Lucia Cuffaro, scrittrice e divulgatrice di autoproduzione, pratiche ecologiche e amica meravigliosa. Il blog è ricco di consigli, ricette e approfondimenti.
In questo video illustra qualche esempio di cucina del riuso.

Provate a digitare su Google “pentola norvegese”, “forno solare” o “fornello senza fiamma”…scoprirete un mondo.
Lucia, invece, ci spiega come cuocere i dolci senza forno

Bricoteche: una biblioteca….di utensili

Nate negli anni ’90 in Francia, si tratta di associazioni di quartiere che, a fronte di una piccola una quota annuale, forniscono gratuitamente agli appassionati di bricolage un’intera gamma di strumenti, spazi e consigli.
Il link di qualche bricoteca sparsa per l’Europa.

  • Francia: https://bricotheque.ch/
  • Spagna: https://bricoteca.net/

Risorseria:

Dalla pagina wikipedia (in francese):

"struttura che gestisce il recupero, la valorizzazione e la rivendita di beni in un determinato territorio. Ha anche un ruolo nella consapevolezza e nell'educazione ambientale. Molte strutture hanno una funzione di integrazione economica e sociale"

Sebbene la pagina elenchi solo le risorserie dell’area francofona, ce ne sono anche in Italia. La prima è nata a Firenze nel 2014.

sartorie collettive:

Sono tante, anche in Italia, ognuna organizzata in maniera differente. Alcune organizzate in collettivi sartoriali, altre come delle sartorie aperte dove imparare a dare (nuova) vita ai propri capi.

4 Comments

  1. Carlo Valentini ha detto:

    Una scoperta straordinaria; seguirò sempre da ora in poi
    Grazie!

  2. […] mezzi pubblici. Niente traffico, clacson, auto che corrono o lunghe code ai semafori. Viviamo in “città di prossimità” dove negozi, strutture sanitarie e luoghi culturali sono più vicini alle abitazioni. Gli uffici […]

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